L'idolo biondissimo delle ragazzine di mezzo mondo cerca di convincerci di aver pensato ad altro che alla ricaduta del proprio ciuffo. In questa macchinosa, anche se apparentemente vissuta epopea dell'alpinista Heinrich Harrer fuggito dall'India per diventare l'amico del Dalai Lama non lo aiuta di certo il cinema patinato dell'autore de L'AMANTE. Girato in Argentina per ovvie ragioni politiche a colpi di zoom su paesaggi altrettanto ovviamente splendidi, poi su dettagli della vita negli anni quaranta a Lhasa che farebbero arrossire un ambulante di souvenir, il film è lungo, scucito quanto laborioso: peccato per la struggente causa tibetana, che si meritava di meglio.